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Friedkin torna alla carica, non è ancora finita con la Roma

Friedkin alla Roma, ecco cosa può accadere

E allora attenzione alla prima data, che ha un valore simbolico e processuale: 30 aprile. Alla fine del mese, dopo il ritardo comunicato alla Consob, la Roma dovrà pubblicare la semestrale del bilancio approvata al 31 dicembre, che prevede perdite di esercizio di circa 87 milioni. In base all’evoluzione della pandemia, che dovrebbe consentire al mondo economico di ricominciare a produrre nel giro di qualche settimana, Friedkin potrà valutare l’impatto della crisi sul sistema calcio e sui conti del club. Solo in un secondo momento telefonerà a Pallotta chiedendo di rivedere il prezzo pattuito a dicembre, cercando un nuovo equilibrio. Nell’alta finanza di solito l’obiettivo viene raggiunto, quando le volontà dei negoziatori coincidono. Tutto adesso si gioca sul denaro e sulla lungimiranza: secondo l’intesa di Capodanno, Pallotta e la sua cordata avrebbero messo in cassa per il disturbo di otto anni di gestione circa 80 milioni di guadagno.

Friedkin, trattativa al ribasso con Pallotta

Nell’era dominata dal nemico invisibile, il Covid, si dovranno accontentare di molto meno, tenuto conto che già avranno sborsato il residuo dell’aumento di capitale al quale Friedkin avrebbe partecipato se fosse entrato in gioco nei tempi stabiliti all’inizio dell’inverno. Pallotta potrebbe giudicare non conveniente l’uscita, seguendo la più elementare regola dei giocatori di Borsa: quando il titolo scende, non devi vendere. Ma la stanchezza di un investimento che non ha fruttato quanto sperato (lo stadio di proprietà) e promesso (trofei che avrebbero migliorato il fatturato) può prevalere, soprattutto se nella seconda data di questa storia la situazione dovesse rivelarsi drammatica: parliamo del 30 giugno, giorno in cui le aziende chiudono il bilancio. Per la Roma, al netto degli aggiustamenti fiscali e del taglio degli stipendi concordato responsabilmente con i giocatori, si annuncia un passivo molto grave che Pallotta, già consapevole dei debiti strutturali della società convertiti in un bond, potrebbe lasciare in eredità all’acquirente invece di risanare in proprio l’attività con una robusta iniezione di liquidi.