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Roma, il turismo perde 300 milioni Ma la Capitale ripartirà da qui

Roma è la città italiana che conta più strutture alberghiere a vario livello, circa 1.200, con 9.400 camere. Con circa 250mila occupati e un vasto indotto soffre della situazione di fermo più di altre città e come in tutto il Paese gli albergatori chiedono al governo di sostenere il settore, primario nell’economia italiana, nel suo momento più difficile. Dalla fine di febbraio le attività si sono progressivamente fermate, senza la prospettiva di programmare una ripresa in entrata.

Roma riparte dal turismo
«Siamo stati i primi a soffrire della situazione – aveva detto Giuseppe Roscioli, vicepresidente di Federalberghi Roma, intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’e’ desta” – e saremo gli ultimi a riprenderci. La chiusura dei voli per la Cina del 23 gennaio ha infatti segnato per noi lo stop mentre altri settori hanno lavorato fino al 12 marzo».

Nei mesi di marzo e aprile, comprendendo maggio e giugno per l’assoluta mancanza di prenotazioni, considerati alta stagione, le perdite solo per Roma sono stimate in circa 300 milioni di euro, difficilmente recuperabili in fase di una futura e imprevedibile normalizzazione. L’attrattività della Capitale è stata sempre determinante nella scelta della destinaziona del turismo culturale ma anche quello congressuale ha avuto negli ultimi anni un forte incremento. Ed è proprio dal turismo che si deve ripartire, impostando insieme al governo una strategia di rilancio.

«La chiave – aveva detto il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – deve essere guardare oltre e progettare il prossimo futuro. L’unica via per ricostruire è chiederci non quando, ma come ripartire». Negli appelli degli albergatori alle istituzioni per misure economiche immediate e incisive, come l’accesso al credito per la liquidità delle imprese, la dilazione degli obblighi fiscali, il prolungamento della cassa integrazione, ma anche per impostare insieme innovative politiche di promozione, si sono uniti anche tour operator, agenzie di viaggi, organizzatori di eventi e altri operatori del vasto indotto alberghiero che si sono identificati nell’appena stilato Manifesto del Turismo.

«Stiamo vivendo una situazione drammatica, senza precedenti, e non c’è alcun segnale di uscita dal tunnel, e comunque, quando sarà possibile, non potremo ripartire senza sostanziali cambiamenti». Lo ha detto Carlo de Angelis, presidente degli Alberghi Storici di Roma, l’associazione costituitasi per una migliore identificazione nel panorama alberghiero romano. «Stavamo partendo alla grande con nuovi progetti dopo la nostra assemblea dell’Albergatore Day di fine gennaio – ha detto – quando tutto si è fermato, bloccando ogni l’attività della quasi totalità dei 48 alberghi aderenti. Altrettanto drammatica è la situazione delle aziende collegate al nostro lavoro, come fornitori, lavanderie, addetti alle ristrutturazioni, operatori del turismo».

Gli albergatori romani, come quelli di altre città, si sono detti disponibili a collaborare ad una task force per affrontare questa crisi senza precedenti, e in molti lo hanno fatto mettendo a disposizione della Protezione Civile le loro camere per accogliere le persone in quarantena, quelle in difficoltà e il personale sanitario. «Dobbiamo già pensare a riconvertirci con offerte e servizi diversi al cliente – dice ancora Carlo De Angelis – ad esempio predisporre camere non solo per dormire ma per lavorare, come in smartworking, attrezzare gli spazi comuni mantenendo le distanze opportune, e non sarà facile per il settore congressuali o per quelli specializzati in eventi. Potremmo però, in questa città tanto ammirata, collegare i soggiorni ad un’offerta culturale come percorsi storici guidati da esperti e visite di mostre seguiti anche da incontri conviviali a tema o ispirate alle tradizioni enogastronomiche del territorio».

E’ una proposta, ma questo avviene già da tempo nello storico albergo Diana, di proprietà della famiglia De Angelis da quattro generazioni.Gia negli anni Trenta il fondatore Benedetto De Angelis con il primo omnibus a motore portava i turisti ad ammirare la città a fare gite fuori porta ed oggi è la nipote Caterina, per non disperdere i valori della propria storia, a guidare gli ospiti in un intenso programma culturale. Per Daniela Baldelli, sales & marketing area director di Omnia Hotels, più di 800 camere soltanto a Roma, una realtà con 35 anni di attività nata dallo spirito imprenditoriale della Famiglia Lazzarini, la situazione di crisi richiede a tutti di rivedere in maniera sostanziale le proprie strategie a medio e lungo termine.

«Roma – afferma – è la città che soffrirà più di altre della totale mancanza di incoming turistico dai paesi stranieri. Nonostante il forte impegno del Convention Bureau Roma e Lazio nella costante promozione della capitale come sede per congressi internazionali ed eventi che generino flussi ‘turistici’ di segmenti complementari al puro leisure, stavamo facendo ancora troppo poco per portare la nostra città ai livelli di Milano e di altre destinazioni europee. Questa crisi deve essere la chiave di volta, per investire su infrastrutture, forte promozione e modificare definitivamente la vocazione di Roma portandola ad essere nella top wish list non solo di chi si muove per leisure anche di chi la sceglie per l’organizzazione di eventi, convention aziendali e congressi. Questo farà veramente la differenza e ci consentirà di ripartire con attrattive e potenzialità più forti che in passato».

Essenziale l’appoggio delle istituzione, dunque, ma per la ripresa sarà decisiva una svolta decisa nell’offerta, una rimodulazione del concetto di ospitalità. Anche per Giuseppe Marchese, direttore generale di Ragosta Hotels, l’attuale situazione porterà in futuro grandi cambiamenti a cui le strutture dell’ospitalità dovranno adeguarsi. Del gruppo fa parte a Roma Palazzo Montemartini, hotel a 5 stelle a pochi passi dalle Terme di Diocleziano e dalla Stazione Termini, progettato per accogliere ogni tipologia di ospite: dal businessman al turista culturale. «Ora, prescindendo dal problema del danno economico al settore, è importante cercare di identificare quello che sarà il nuovo profilo del cliente che sulla base di un’offerta mirata potrà scegliere tra una struttura e l’altra. Per la nostra tipologia di clientela conteranno sempre bellezza, lusso, comfort e benessere ma dovremo adeguarci a parametri diversi, attenti alle priorità nelle intenzioni dei viaggiatori, prima di tutte la salute. La profilazione della struttura dovrà seguire le indicazioni del governo, come la sanificazione degli ambienti e la rimodulazione degli spazi, ma anche potenziare quelli che sono considerati servizi accessori, come il servizio in camera 24 ore su 24 con menu personalizzati e maggiore attenzione alla ristorazione e al benessere. Anche noi, pur impegnati da sempre a fornire un servizio sartoriale dovremo fare di più, adeguandoci alle nuove esigenze del turismo, anche domestico».

Ma qual è ora la situazione al Montemartini e dei suoi 60 dipendenti? «L’hotel – risponde – è stato chiuso prima del decreto, perchè ci siamo resi conto che era più corretto adeguarci all’imprevista emergenza. Proprio perchè abbiamo chiuso prima degli altri i nostri dipendenti non hanno avuto la possibilità di accedere alla cassa integrazione fin dal primo giorno. Siamo orgogliosi di dire che ci siamo fatti carico della loro retribuzione anticipandola senza far loro attendere mesi, anche per far sentire loro la vicinanza della proprietà. Del resto nei nostri dipendenti c’è un grande spirito di appartenenza. Quotidianamente abbiamo contatti con i vari responsabili dei reparti confrontandoci sui futuri progetti quando la situazione cambierà».