CRONACA

Abusavano delle figlie e scambiavano le foto con gli amici su Telegram.

La chat Telegram in cui condividevano le foto pedopornogragiche di abusi sessuali sulle proprie figlie, dai due anni ai 15 anni di età, si chiamava “Famiglie da abusi”. E lì finivano anche le fantasie sessuali che si scambiavano un gruppo di cinque amici di rete che pubblicavano anche momenti intimi catturati di nascosto in famiglia. “Qui su Telegram non ci scopriranno mai”, scrivevano sicuri della loro copertura. E inviavano video e immagini continuamente.

Almeno da sei mesi, secondo le indagini. “Convincila che è un gioco, mettila in braccio”, era invece il consiglio che si davano gli amici per abusare delle figlie. Conversazioni illeggibili anche quando riuscivano nel loro intento. “Ieri ce l’ho fatta con mia figlia”, è un altro dei messaggi.


Una storia raccapricciante svelata dalla polizia postale e delle comunicazioni attraverso il centro nazionale di contrasto alla Pedopornografia online (C.N.C.P.O.). I cinque pedofili sono finiti agli arresti: un imprenditore romano, un impresario edile bolognese, un bresciano, un impiegato pubblico messinese, un napoletano. Anche un altro romano, un cameriere in una pizzeria della capitale, è stato denunciato.

Non faceva parte del gruppo ma era amico del primo romano perquisito. Stessa sorte per un impiegato del Comune di Napoli, anche lui denunciato. E le madri? Una è rimasta in silenzio pur sapendo. Sulle altre ci sono indagini in corso.

L’inchiesta che attraversa l’Italia è scattata dopo la segnalazione dell’NCMEC, l’organismo internazionale per la tutela dei minori, che ha rilevato l’attività sui social.
È stato un lavoro di identificazione a catena attraverso le tracce informatiche lasciate dai pedofili.

La prima perquisizione è stata eseguita dal compartimento polizia postale per il Lazio, su delega della procura di Roma. Un imprenditore che gestiva un rimessaggio di barche sul litorale laziale era in possesso di un grosso quantitativo di materiale pedopornografico. Tutte foto scattate alle figlie. Così tante che la Polizia ha rinunciato a contare i files.

Era lui che faceva parte della chat e è stato dalla perquisizione in casa sua che è partito il filo rosso che ha portato agli altri indagati. La polizia e arrivata a Bologna, in casa di un quarantacinquenne, imprenditore edile. In un video autoprodotto, il bolognese aveva coinvolto la figlia. La procura di Bologna ha richiesto e ottenuto dal gip la misura cautelare della custodia in carcere.

La misura è stata eseguita a cura degli specialisti della Polizia Postale emiliana. Il terzo componente dell’organizzazione è stato raggiunto in Campania. È un dipendente del Comune di Napoli, denunciato perché detentore di materiale pedopornografico.

Il quarto è un bresciano, indagato per violenza sessuale ai danni della propria figlia e per detenzione di ingente quantitativo di materiale che attesta lo sfruttamento sessuale di minori.

Parallelamente, raccolti ulteriori elementi investigativi, il Compartimento Polizia Postale di Roma era riuscito ad identificare altri due soggetti, a loro volta destinatari di perquisizione perché in contatto con il primo indagato, con il quale intrattenevano conversazioni a sfondo pedopornografico e scambiava contenuti a sfondo sessuale.

Dei due il primo, residente in Provincia di Roma, è stato denunciato a piede libero poiché deteneva sui propri dispositivi i file ricevuti dal romano, che gli aveva anche fornito istruzioni inerenti alle modalità con cui instaurare un contatto sessuale con un minore. La seconda posizione, invece, quella di un cinquantacinquenne siciliano, è emersa in tutta la sua gravità nel corso della perquisizione eseguita in Sicilia dai poliziotti romani. L’uomo, dipendente di un’azienda pubblica, abusava della propria figlia, costringendola a subire rapporti sessuali, e condivideva le registrazioni dei rapporti con i suoi amici.

È stato arrestato su richiesta della procura di Messina per violenza sessuale in danno di minore e produzione di materiale pedopornografico. Nei confronti della moglie del siciliano, invece, indagata per non essere intervenuta pur essendo a conoscenza degli abusi, è stata emessa la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa coniugale e del divieto di avvicinamento alla persona offesa.

Il quinto sodale, membro del gruppo chiuso, è un napoletano poco più che trentenne. Nel corso della perquisizione, eseguita nei suoi confronti dai poliziotti del compartimento di Napoli e di quello di Bologna, sono stati rinvenuti circa 200 files pedopornografici. L’arrestato partecipava alla chat, su cui condivideva le proprie fantasie inerenti ad atti sessuali con minori anche con foto riferite a momenti della vita quotidiana familiare.

Si indaga adesso sulle altre madri di figlie abusate per comprendere il grado di conoscenza di quanto stava accadendo. Di certo, al momento, c’è in Sicilia una bambina rimasta senza padre e madre