Se il Comune di Roma tassa anche un immobile occupato
Una società immobiliare di Roma affittò nel 2001 al locale Comune 1.147 unità immobiliari a Ostia.
Una società immobiliare di Roma affittò nel 2001 al locale Comune 1.147 unità immobiliari a Ostia. Al termine del contratto, e cioè al 31 dicembre 2021, il Comune di Roma non ha mai fatto rientrare la stessa società nella disponibilità degli alloggi in quanto occupati abusivamente. Ora il Comune di Roma – tra l’altro parte inadempiente, come s’è visto – ha notificato una ponderosa cartella di pagamento della Tasi per pretesi servizi espletati in più di mille unità immobiliari di cui la proprietà non ha la disponibilità da ventun anni.
La situazione è paradossale: le occupazioni abusive dovrebbero essere sgomberate dallo Stato con la forza pubblica, l’occupazione di proprietà altrui è un reato. Il proprietario degli immobili non trae dagli stessi, da lustri, alcun reddito e si vede notificare dal Comune guidato da Roberto Gualtieri (in foto) – cioè dall’ente che avrebbe avuto l’obbligo di restituire alla proprietà gli immobili disponibili – una pesante cartella di pagamento di servizi di cui non ha mai goduto.
Naturalmente, la proprietà ha impugnato avanti la Commissione tributaria provinciale di Roma le cartelle esattoriale e la Commissione (pres. Garufi, est. Maffei) ha annullato, con una sua decisione di questi giorni, destinata a diventare storica, la pretesa comunale giustamente sottolineando che il presupposto impositivo della tassa sui servizi indivisibili è costituito dal possesso dell’immobile (inteso quale potere di fatto sulla cosa) e che dove tale stato non trovi corrispondenza nella titolarità del diritto di proprietà per la totale assenza di rapporto con il bene da parte del proprietario (nella specie, durata anni senza alcun ristoro e senza prospettive di recupero, nonostante le iniziative giudiziarie assunte al riguardo), il proprietario non è obbligato al versamento.
C’è da chiedersi se l’Italia sia oggi un Paese normale e se sia ammissibile che, a causa di uno Stato che non fa gli sgomberi che avrebbe l’obbligo giuridico di fare, un Comune inadempiente alla restituzione di immobili da esso già affittati e lasciati occupare impunemente (o comunque non sgomberati neanche con la Polizia locale), possa pretendere che un proprietario paghi la tassa sui servizi indivisibili che non ha mai in alcun modo utilizzato, per lustri e lustri.
In un Paese normale, e non allo sfascio, la prima legge che dovrebbe essere fatta è quella che non si può pretendere alcunché a titolo di imposta da un immobile occupato abusivamente. Ci si avvicinerebbe, perlomeno, al civile principio sancito addirittura nella Costituzione della Germania e cioè che non si può tassare un reddito che non c’è. Tanto più, poi, se tale reddito non c’è per inadempimento dello Stato (che non ha sgomberato), col concorso di un Comune a doppio titolo inadempiente: perché non ha riconsegnato l’immobile locato sgombero e perché non si è neanche premurato di sgomberarlo pur godendo di una propria Polizia locale.
In un Paese che abbia un minimo rispetto dei propri cittadini, che tali li consideri e non solo sudditi a tutti gli effetti, ci si metterebbe un minuto a fare una legge come questa: le unità immobiliari abusivamente occupate non sono soggette ad alcun importo o tassa per tutta la durata dell’occupazione. Ma da noi non succede. Sarebbe troppo semplice e bello. Da noi i proprietari che si trovino nella detta situazione, devono andarsi a cercare giustizia in giro per le Commissioni tributarie, sperando di trovarne una di buonsenso, che guarda alla sostanza delle cose e non a sofismi legulei.
da Il Giornale.
Corrado Sforza Fogliani
*direttore centro studi Confedilizia