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Turismo a Roma, l’anno da incubo degli alberghi e la lezione per il futuro

Annus horribilis per gli alberghi a Roma. Talmente orribile che neppure durante il conflitto mondiale l’attività alberghiera è stata azzerata come l’anno appena trascorso. E oggi abbiamo anche i dati con cui misurare la sua orribilità. Ad aprile il crollo è stato del 99,0%, a maggio del 98,7%, a giugno del 96,6% e persino a luglio, agosto e settembre, in cui era legale spostarsi sia all’interno che all’estero, il crollo si è mantenuto ben oltre l’80%. Neppure a ottobre la situazione è migliorata granché, mentre a novembre siamo ripiombati al -94,6%. E pensare che il gennaio 2020 era cominciato benissimo, con addirittura un incremento del 3,6% degli arrivi. È abbastanza incredibile che il periodo estivo (ripetiamo un periodo in cui era legittimo spostarsi) mentre ha permesso alle località balneari di resistere (-6,7% di turisti italiani e -54,7% di turisti stranieri ad agosto) non ha acceso nessuna luce a Roma, perché ad agosto il crollo (rispetto allo stesso mese nel 2019) è stato dell’83,9%. È passata l’idea che frequentare le grandi città d’arte, e Roma in particolare, fosse più pericoloso delle destinazioni balneari. Non era così; non è stato così. E tuttavia è stato così.

Siamo in un tempo in cui vince non la verità, ma il verosimile; vince il primo pensiero che viene in mente, e non vuole sentire ragioni. Facciamocene una ragione noi, se riusciamo. Oggi, mentre scriviamo, è aperto a Roma meno del 10% degli alberghi; le tariffe sono da saldo permanente e tuttavia gli arrivi sono al livello dei peggiori mesi del 2020. È evidente che finché la situazione epidemiologica non migliorerà, la legge e la psiche imporranno di non spostarsi da casa, perciò la vacanza sarà uno degli ultimi pensieri che verrà in mente. Dobbiamo però pensare al futuro, prossimo e lontano. Il futuro prossimo ci dice che gli alberghi avranno difficoltà a riaprire: potranno avere lo stesso numero di dipendenti con meno della metà degli ospiti del 2019? È probabile che avremo una ripresa con una coda lunga dell’epidemia, cioè con meno voli, meno persone che si spostano, con viaggi a raggio più breve. È probabile che gli alberghi dovranno ristrutturare gli spazi: meno sale convegni (i meeting in remoto sono il new normal); camere più grandi, secondo la tendenza pre-epidemica di soggiorni più confortevoli; un dominio assoluto degli strumenti digitali e un esordio eclatante dell’intelligenza artificiale nel condizionare le preferenze di viaggio dei turisti. Questo comporta investimenti ingenti sia sul piano dei singoli alberghi sia della promozione turistica (è il caso, vista la permanenza di una primazia del turismo interno, di lanciare una campagna che inviti gli Italiani a “scoprire” Roma?).

Per gli albergatori perciò si presenta una situazione da incubo: niente flussi di cassa; indebitamento per pagare il mantenimento delle strutture e la necessità di fare ingenti investimenti. Dobbiamo inventare nuovi strumenti di finanziamento a lungo termine come i bond privati, perché i tipici tempi bancari (3-5 anni) rendono impossibili investimenti che abbiano tempi di resa molto lunghi. A Roma resta il problema di come possa fare a meno di un settore che vale direttamente il 7% dell’occupazione complessiva e che ha un effetto moltiplicatore eccezionale su praticamente qualunque attività del centro storico: commercio, ristorazione, musei. La città senza ospiti è sicuramente meno ricca e anche più triste. Abbiamo bisogno di speranza; una speranza ben congegnata e ben costruita sulle azioni che dovremo fare per riportare questo settore a essere più brillante di prima. Dobbiamo puntare a un annus mirabilis piuttosto. L’espressione fu usata per la prima volta da Isaac Newton, quando si ritirò da Cambridge a casa sua per evitare la peste. In quei due anni scoprì la legge di gravità e parlò del 1666 come di un anno mirabile. Se sapremo usare la situazione critica di oggi per scoprire quanto l’industria dell’ospitalità può dare alla città ancora di più e ancora di meglio, avremo costruito il nostro, di anno mirabile.