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Come sopravviverà la Ristorazione al Coronavirus? Ne parla Luigi Cremona, figura emblematica della cucina italiana.

Luigi Cremona è probabilmente il più grande talent scout di chef in Italia. La sua avventura nel mondo della ristorazione nasce dal suo lavoro come ingegnere, “peregrino” per l’Italia. La voglia di sperimentare cucine diverse, la ricerca della qualità assoluta si sono poi consolidate nella scoperta di un dono raro che, solo pochi come lui, hanno nel nostro paese: il palato extrafine che sa riconoscere elementi, ingredienti e sfumature per molti di noi “umani” talvolta sfuggenti. Negli anni si è contraddistinto come raffinato e severo critico gastronomico, dotato di brillantezza e rinforzato da un sano sarcasmo romano. Molti sono convinti (e anch’io lo sono) che la sua figura abbia ispirato la Pixar per il personaggio di Ratatouille, il severissimo critico Anton Ego. In effetti, però, la sua capacità “diagnostica” dei piatti, è talmente inopinabile che tutti i grandi chef italiani gli portano rispetto e lo apprezzano per la sua critica sempre pacata e costruttiva. Sono molti i giovani chef, oggi star della cucina italiana, che sono stati scoperti e lanciati attraverso le sue competizioni Emergente Sala, Emergente Chef e Emergente Pizza, dedicati agli under 30.  

Abbiamo pertanto deciso di sentirlo durante questa situazione traumatica che sta colpendo in maniera pesante la ristorazione italiana. E, come avevamo presagito, sono molteplici gli spunti di riflessione per capire come ripartire dopo il Coronavirus. 

E’ chiaro che è il settore tra i più colpiti: turismo, alberghi, ristoranti ed eventi. Brutalmente colpito!” Parte senza mezze parole Luigi Cremona.  “Forse, per assurdo, i più colpiti non sono i ristoranti stellati. Hanno già un impianto di tavoli distanziati e, quindi, si può affermare come già mettessero in atto una ristorazione a distanza di sicurezza. Loro, invece,  saranno molto più colpiti dal fatto di essersi sempre avvalsi, in buona percentuale, di clientele estere, alto-spendenti e, quindi, adesso, si trovano a far i conti con una ripresa che non sappiamo quando riporterà i turisti in Italia”.

E le altre realtà? “Tutte le altre realtà di ristorazione, osterie, trattorie, locande, enoteche e anche i bar, che hanno meno margini, lavorando di più con gli italiani, hanno sempre dovuto fare i numeri per vivere e, quelli, non li potranno più fare. Ci sarà una grande criticità di sussistenza. Perché? Meno coperti da poter gestire, con più costi, perché si dovranno adottare piani di ristrutturazione per la gestione degli spazi, in cucina e in sala, dispositivi di sicurezza, ecc…, con una clientela italiana che sarà più povera di quello che era prima, visto che si stima un disavanzo del Pil dal 9 al 15%”. 

Ci sarà almeno una positività in tutto questo? “Io vedo un’unica cosa positiva, in un certo senso, in tutta questa tragedia: il fatto che il cliente sarà cambiato! Non avremo più lo stesso cliente. Il Coronavirus ma, soprattutto, il lungo tempo di lockdown, ci ha cambiato tutti. Lo stereotipo di italiano, simpaticone, buffone, disordinato e con altri difetti sociali si è dimostrato ingiusto, ne è emerso invece un soggetto straordinariamente esemplare anche per gli altri stati, comportandosi con grande responsabilità e in modo che non avrei mai pensato. C’è, quindi un’altra clientela che si è abituata molto ad usare il telefonino, soprattutto per la ristorazione: legge, pubblica, prenota delivery. Questa è un’ottima cosa! Un atteggiamento diverso che darà ordine e pulizia alla ristorazione. Non avremo più situazioni imbarazzanti di locali strapieni, tavoli disordinati, clienti sistemati sugli sgabelli, gente che doveva mangiare in fretta. Tutti ci dovremmo abituare ad un comportamento diverso”. 

Luigi dunque credi che si arriverà ad una accelerazione della digitalizzazione della ristorazione?  “La clientela si abituerà a prenotare tutto, anche la pizzeria sotto casa, anche il fast food. Ci saranno App, che ti avvertono pure! Tutta una serie di innovazioni comportamentali che va a vantaggio dell’ordine e della pulizia; del fatto che il ristorante potrà gestire molto meglio i flussi della clientela. Saprà sempre quanta gente ha e quanta gente dovrà invece intercettare quando servirà. I locali con 50 coperti che lavoravano massacrandosi solo nei giorni festivi e negli altri giorni rimanevano deserti, erano un campo di battaglia. Utilizzando la prenotazione si potranno gestire flussi più regolari.  Uno si può organizzare meglio e si gestiscono meglio spazi e risorse umane”. 

Non si ritornerà più come prima dunque? “Ci sarà una ecatombe per chi pensa che si ritornerà come prima! Chi vincerà e sopravviverà, sarà quello che saprà sfruttare al meglio il cliente che è cambiato, che sempre più si affiderà al web, al telefonino e così via. Non è una cosa negativa, anzi! Ciò lascia un ulteriore spazio al ristoratore evoluto: quello di legare un rapporto più stretto con il cliente attraverso la condivisione dei suoi dati e delle sue esperienze. Telefono, email, dati, social, serviranno ad agganciarlo con proposte aperitivo gratis, trattamenti speciali, sconti, serate a tema speciali, ecc…”.

Una strategia concreta che ti viene in mente adesso? “Ad esempio, in tutto il mondo si può mangiare a qualsiasi ora, mentre in Italia solo in alcune città grandi e molto turistiche. Io credo che si dovrà puntare a differenziare gli orari di servio al tavolo. Ad esempio, se mangi durante il primo turno, alle ore 18.30, puoi avere uno sconto del 15% e magari un menu differenziato; se mangi alle ore 20.30 avrai un prezzo pieno. In questo modo anche il cliente può decidere cosa fare. Inoltre si può lavorare su due turni con la metà dei posti a sedere. Insomma bisognerà essere ingegnosi e sempre rispettosi della qualità”.

Sarà una ristorazione più pragmatica? “Certe cose non potranno più avere luogo, l’oste che ti fa il simpaticone con la mano sulla spalla, verranno meno certe componenti che sono l’italian touch.. Ci sarà meno fumo e più sostanza. Sarà magari meno simpatico di prima ma, a mio avviso, ne guadagnerà la qualità, la serietà, soprattutto, la qualità dichiarata sarà un punto di forza. Non si faranno più certe “estruserie” che comportano lunghe spiegazioni. Il prodotto dovrà essere il più autentico e leggibile possibile anche dal consumatore medio”.

La qualità secondo te ne guadagnerà? “Io vedo un grande ritorno verso la qualità, l’ordine, la selezione della materia prima. Ci saranno anche quelli che non ce la faranno ma, ce la faranno sicuramente, tutti quelli che metteranno in atto azioni che dimostreranno di aver capito che il cliente non sarà più il cliente di prima. Il mondo che si sta aprendo è un mondo nuovo”.